Mascherine chirurgiche, lavabili, certificate: quali proteggono meglio dal Covid? | Milena Gabanelli- Corriere.it

2023-01-05 16:45:00 By : Ms. Ivy Wong

Per tutta la durata dell’emergenza Covid, che il premier Giuseppe Conte ha prolungato fino al 31 gennaio 2021, l’Istituto superiore di Sanità validerà la sicurezza di mascherine chirurgiche prodotte in Italia. Lo fa verificando i test che valutano l’efficacia della filtrazione batterica e permettono di stabilire la conformità con le norme. È quanto previsto lo scorso 17 marzo dal decreto CuraItalia: vista la difficoltà di trovare le quantità necessarie, le disposizioni straordinarie prevedono che in via eccezionale le mascherine possano essere messe in commercio anche senza il marchio CE, ma dopo il via libera delle autorità sanitarie . Il provvedimento riguarda la produzione di mascherine chirurgiche, le cosiddette altruistiche, che trattengono quello che esce dalla bocca e dal naso, e quindi ognuno protegge se stesso proteggendo gli altri.

Per essere certificate dall’Iss le chirurgiche made in Italy devono rispettare 5 requisiti (definiti dalla norma UNI EN 14683): resistenza a schizzi liquidi, traspirabilità, efficienza di filtrazione batterica, pulizia da microbi e biocompatibilità (non devono provocare reazioni allergiche).

Ebbene, le mascherine chirurgiche in commercio su autorizzazione dell’Iss possono essere di tre tipi: monouso, lavabili e lavabili con filtro . In tutti e tre i casi quelle buone da quelle farlocche sono riconoscibili per la presenza del marchio CE, oppure per la validazione dell’Istituto superiore di Sanità, entrambi accompagnati dalla scritta a norma «EN 14683» sulla confezione. La loro capacità filtrante verso l’esterno, ovvero il grado di protezione che offrono verso chi ci circonda, varia dal 95% (tipo I) al 98 % (tipo II). Devono essere certificate come dispositivi medici.

Il Comitato tecnico scientifico (Cts) dispone che studenti e insegnanti debbano utilizzare le mascherine. Nelle disposizioni inviate alle scuole dal ministero dell’Istruzione viene fatto riferimento a quelle monouso che il commissario Domenico Arcuri distribuisce gratuitamente (finora oltre 540 milioni). Ne servono all’incirca 11 milioni al giorno, che vuol dire 44 tonnellate di rifiuti al giorno da incenerire, perché vanno nell’indifferenziata. Smaltire una tonnellata costa 140 euro.

Quelle lavabili certificate di fatto non sono permesse . Certo costano di più, mediamente attorno ai 5 euro, ma considerando che con 15/20 mascherine di questo tipo uno studente può coprire un intero anno scolastico, vuol dire 25 centesimi al giorno, contro i 20 delle monouso (cifra verosimilmente pagata dalla Protezione civile) e i 50 centesimi di prezzo calmierato per il pubblico. Ma le tonnellate di rifiuti giornalieri da smaltire sarebbero 2,2 e non 44. In alcune scuole inoltre non sono arrivate le mascherine, ma l’indicazione generale è di portarsi da casa la chirurgica usa e getta, evidentemente perché altrimenti sarebbe troppo complicato verificare il tipo di mascherina portata da ciascun alunno e i suoi requisiti di sicurezza . Le proteste delle associazioni in difesa dell’ambiente finora sono rimaste inascoltate. Motivo? Non c’è nessuna fiducia nel fatto che vengano poi lavate quotidianamente, compromettendo di conseguenza la sicurezza. Siccome la vita continua anche fuori dalla scuola, nessuno impedisce a genitori, adulti e ragazzi di fare una scelta di responsabilità che vada oltre la punta del naso, acquistando (quando si trovano) quelle lavabili certificate: a conti fatti il costo non è superiore, inoltre sono dispositivi medici, esenti da iva e detraibili dalla dichiarazione dei redditi . Con una inderogabile prescrizione: lavarle quotidianamente.

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